lunedì 27 ottobre 2014

Guerrino Benetello, Casale sul Sile, 1918, fornaciaio

Registrata il 20 e il 23 marzo 1988 - Cassette 1988.01a (da 03:35), 1988.01b, 1988.02a+b (fino a 10:10)

Guerrino Benetello, ex fornaciaio alla fornace di
Guido Schiavon, Casale sul Sile. (Foto 27.3.1988)

(Integrale, senza editing - durata 1:41:47)

Contenuto

1998.01a   (20 marzo 1988)

Tempo necessario per riempire i carrelli di argilla.
La stagione si fermava per due mesi (inverno).
02:00 Pagati ogni 15 giorni a volte anche con “buoni” per andare a bottega … noi andavamo da Frezza a Casale.
Se c’era bisogno di contanti si andava a cavarse el capel dal paron, spiegando il motivo per cui servivano.
03:21 Guadagnavo 60 cent. all’ora, prima della guerra (sessanta schei).
Lavoravo da Guido Schiavon ed erano una cinquantina e anche più, di operai.
04:08 Fasi della lavorazione, partendo dal carrello riempito di argilla e portato nel “monte”; inizialmente spingendo a spalle, mentre nella foto che guardiamo il carrello è trainato da un mulo su una rotaia.



Descuerta dello strato superficiale di terreno coltivabile 
e carico di argilla sui carrelli. Fine anni '30. 
(Foto gc. Rino Benetello, Casale sul Sile) 

Con l'ausilio di un mulo i carrelli carichi di argilla vengono
trainati sul "monte". (Foto gc. Fornaci Caberlotto - Lughignano)

05:20 Con l'argilla (a crèa) del monte si faceva un paston, calpestandola con i piedi ... e ogni giorno servivano due e anche tre pastoni, il fabbisogno per ogni persona [banco]. L’argilla era impastata con l’acqua.
08:00 El paston era pronto quando “a malta xe fissa”[consistente]. C’era terra forte e terra leggera, che andava bene per le pietre.
Io andavo a scegliere la terra, e a me l’aveva insegnato il padrone.
09:50 Andando sul campo con una trivella si trivellava  un metro, un metro e mezzo e anche più di profondità e si vedeva che tipo di terra c’era; se era dura (forte) o leggera, da piere.
11:37 Si scendeva finché non si arrivava al caranto, lì ci si fermava perché il caranto faceva scoppiare le pietre.
Le fornaci nella zona di Casale sul Sile prima della seconda guerra: Schiavon, Bertoli, Caberlotto, Torzo, Biffis.
13:00 Ora c’è solo Caberlotto a Casale, e Biffis a Musestre.
Continua l’elenco delle fornaci partendo da Treviso: Tognana, Gregori… fino alla fornaseta di Musestre.
14:34 Si riprende con la lavorazione del paston, che richiedeva 3-4 ore prima che la “malta” fosse pronta; si entrava nel paston scalzi. Si calpestava versando dell'acqua finché l’argilla (a malta) era pronta da sartar sullo stampo delle pietre. Veniva portata con un carrello nel banco e da qui, a mano veniva presa e versata nello stampo;  poi veniva livellata con una stecca di acacia.
19:00 (Interviene una persona più giovane [figlio?] presente all’incontro che spiega con chiarezza la lavorazione del banco).
20:45 I mattoni restavano a terra alcuni giorni, senza protezione (sperando che non piovesse) affinché si indurissero e poi le pietre venivano impilate a spina di pesce sulle risse (file coperte da arelle) dove rimanevano altri 5-6 giorni per asciugarsi prima di passare nei forni.
22:20 Chi aveva il banco veniva pagato “a contratto” , a cottimo, cioè in base alle pietre prodotte.
24:05 Benetello però ha lavorato non nel banco, ma nei forni e a “cavar tera”.
25:50 Accenna a scioperi e lotte ma non scende in particolari. Più dettagliata invece la persona giovane presente che parla però (solo) delle condizioni di lavoro quando andavano a scavare l’argilla nel campo.
27:15 Le pietre venivano portate con una carriola dalle risse nel forno.

1988.01b

29:57 - 35:47 La persona giovane inizia a parlare del forno. In alto c’erano delle bocchette, dei fori per far scendere il carbone; posizionamento delle pietre in modo che il carbone che scendeva dall’alto scaldasse uniformemente;  c’erano degli specialisti che facevano “il castelletto” e altri operai da sopra facevano scendere il fuoco.
Spiegazione dettagliata (purtroppo non video…) del funzionamento del forno Hoffmann.
35:40 Erba palustre usata per far fuoco, descrizione.
36:50 La fornace ogni anno veniva spenta, nella cattiva stagione. Spiega come avveniva la riaccensione.
La pietra veniva cotta a 800 gradi, per circa 8 ore.
38:38 C’erano un forno pieno e uno vuoto … si infornava e si sfornava.



Forno Hoffmann non più utilizzato. (Foto 17.3.1988)
Fornace a intermittenza in riva al Sile in una mappa di Fiera del 1674.
(Immagine utilizzata da Paolo Pozzobon in Sant'Ambrogio di Fiera, 1980)

39:13 Molto caldo, nel forno: “e mudande erano sempre moje, moje dal sudor”, dice Guerrino, che faceva parte di una squadra addetta al forno: il lavoro più faticoso.
41:29 Le case degli operai erano vicine alle fornaci perché, quando serviva, bisognava arrivare presto per coprire le risse, notte e giorno, con le grisiole.  Ogni fornace aveva le sue case; i fornaciai non pagavano l’affitto ma tutta la famiglia  doveva essere sempre disponibile - in caso di necessità (temporale, ecc.) - per mettere al riparo le pietre.
42:50 A mandare avanti il lavoro delle pietre  erano le famigli che avevano il “banco”.
Oggi invece il lavoro è tutto meccanizzato.
45:30 Resta sempre la necessità dell’esperto che sa scegliere la terra giusta, che sa “provinare” la terra che il padrone andava a contrattare.
46:20 “A descuerta”: scavare la terra superficiale fino a trovare l’argilla. L’argilla (a crea) di solito veniva scavata per una profondità media di circa un metro, un metro e mezzo,  ma anche fino a 4 e 6 metri (questo avveniva non a mano, ma con gli escavatori meccanici).
49:07 La carbonella, la cenere utilizzata nel forno per cuocere le pietre veniva poi buttata dentro alla buca che era stata scavata nella campagna, per riportare la terra il più possibile a livello e alla coltivazione.
50:20 El groƚo: radici di erba palustre che dopo essere stata tagliata per far strame veniva estirpata, lasciata asciugare e portata nelle fornaci: forniva “el stopin” per far fuoco.
53:00 Difficoltà di escavo a mano, con il vanghetto: “a volte mi veniva di tornare a casa prima di mettermi a lavorare, al pensiero della fatica che c’era”, e bisognava riempire un carrello e mezzo a testa in 25 minuti.


Casale, fine anni '30. Gruppo di cavatori di argilla nei campi della
famiglia Rossi (Bisi), presso la fornace di Guido Schiavon.
Notare, nel vanghetto al centro dell'immagine, l'applicazione
sopra alla lama di una sanca (barra metallica piegata
a forma di 7 per favorire la spinta del piede).

In seconda fila, sempre al centro dell'immagine, un cavatore tiene
in mano l'indispensabile damigianetta per il rifornimento del vino.
(Foto gc. Rino Benetello, Casale sul Sile) 

54:00 Quando è stato il momento non vedevo l’ora di andare militare, per non fare più questo lavoro.
55:00 Elenco delle più note famiglie che avevano i banchi nelle fornaci: Moro, Sbarra, Toffolo, Battistin, Santella di Lughignano, Mafalda, una vecchia fornaciaia  che mi consigliano di andare a sentire.
Nella fornace di Schiavon c’erano otto banchi che facevano pietre.
57:00 Vino e grappa in gran quantità, per i lavoratori nei forni; lavoro pesante, si beveva “e ti pareva di spaccare le montagne”.
59:00 Da mezzogiorno all’una sosta per il pranzo: le donne partivano da casa con  “a pignatea” e portavano da mangiare. Non c’era mensa.

1998.02a  (23 marzo 1988)

Riprende con il funzionamento del forno Hoffmann e il tempo necessario per la cottura, di pietre e “modellato”.
“Infornar” e “desfornar”; uso della carta per far avanzare il fuoco e chiudere le prese d’aria.
01:02:04 Un’infornata viene cotta in tot ore. Il fuoco una volta messa in funzione la fornace bisognava sempre tenerlo acceso. Sopra c’era “un fogante” che controllava il fuoco 24 ore al giorno. Gli addetti al fuoco erano operai più specializzati e retribuiti; a Casale c’era Carlo Benetello che ha lavorato da Schiavon (fino al 1982 quando ha chiuso) e poi da Caberlotto, finché è andato in pensione.
I fornisti invece lavoravano in un unico turno di circa 8 ore.
01:05:30 Modifiche effettuate ultimamente al forno Hoffmannn (a parlare - con chiarezza - è sempre la persona più giovane), in modo da poter entrare con i muletti; il forno era suddiviso in quattro parti.
01:06:50 Schiavon ha chiuso per non aver ammodernato il forno, con aumento di costi di personale e combustibile.
Un’infornata di mattoni, mettiamo di 13 mila pietre, ci metteva quasi otto ore a cuocersi
01:10:00 Schiavon Guido, il padrone della fornace, ha smesso ed ora è morto; sua moglie Elsa abita in piazza Mazzini a Jesolo e i figli sono a Oriago.
01:11:30 Il forno Hoffamann quando è spento è un paradiso, tiene il fresco che ci potrebbe stare una cantina, ma quando è acceso è un disastro di calore a lavorarci.
01:12:10 “Si andava dentro e si veniva fuori che si era lavati dalla testa ai piedi, dal sudore, nel giro di cinque minuti” (Guerrino). Non sa quanti gradi ci fossero dentro al forno, ma tanti… saranno stati più di 60 gradi (dice il giovane)


Anni '50. Interno di un forno Hoffmann.
(Foto gc. Fornaci Caberlotto, Lughignano) 

01:12.42 Dicevano: “Caval de restera e omo de fornasa, vita corta”, infatti è vero, nella restera morivano i cavalli e di quelli che andavano dentro ai forni siamo rimasti in due”. (Guerrino)
01:13:30 Guerrino racconta di uno scherzo fatto al capo Bordin, con una campanella riempita d’acqua.
Le bocchette erano i fori è per far scendere il fuoco.
01:16:14 Mi spiegano come era fatto lo stampo delle pietre.
In visita a un magazzino dove sono conservati vari tipi di forche per manovrare tavelle, tavelloni, “modellato”.
Mi mostrano i vari tipi di forche in legno per infornare il materiale modellato o i coppi. All’interno del forno c’erano quattro persone addette a posizionare il materiale e vi resistevano non più di un’ora, un’ora e mezzo.
01:23:00 Tecnica per riempire gli stampi delle pietre.
Scatto foto e si commenta la foto della festa (pranzo) dei fornaciai.
01:27:00 Festa di fine stagione - verso i Morti (fine ottobre inizio novembre) - dei dipendenti delle quattro fornaci Schiavon (Casale, Portogruaro, Oriago e Padova. La festa era nel cortile della fornace; si mangiava pasta asciutta (subioti), formaggio, insalata…
Ogni fornace aveva questa consuetudine.
01:30 “Pal copo”:  siccome non pagava l’affitto, la famiglia del fornaciaio era sempre a disposizione del padrone.

1988.02b (fino a 10:10)

01:31:56 A descuerta: vangare il terreno superficiale quanto serve per arrivare alla falda d’argilla (spiega foto pubblicata a pag. 75 del libro Sile: alla scoperta).
Tipo di vanga, con “a sanca” [una staffa, barra laterale in ferro] per meglio spingere con il piede.
01:37:20 Durante la descuerta, lavorare velocemente, neanche tempo di fare i propri bisogni.
01:38:20 Ancora sul vino: “se non ci fosse stato il vino che ci teneva un po’ su, saremmo stati tutti k.o.” (Guerrino). Alcuni fornaciai bevevano così tanto che i soldi della quindicina non gli bastavano per pagare il vino:  in osteria scrivevano su una scansia visibile a tutti - ad ogni quarto di vino bevuto e non pagato - un 4 (na caregheta) col nome del debitore, che quando prendeva la quindicina pagava un  po’, e la fila dei 4 si accorciava,  per poi riallungarsi nei giorni seguenti.
01:40:00 Le pietre del Sile andavano in gran parte a Venezia. Avevano tutte il marchio della fornace. 


Due immagini della festa di fine stagione organizzata a Casale
presso la fornace di Guido Schiavon. I drappi sullo sfondo
indicano le località in cui in cui sono presenti le fornaci Schiavon:
Oriago, Casale, Peraga e Pradipozzo.
(La riproduzione delle due foto
è stata g.c. dalla fam. Guerrino Benetello)
In primo piano el paron Guido Schiavon con la moglie Elsa.



Testimonianza e foto (in parte) utilizzate in Sile: alla scoperta del fiume (pagine 74-75).









NB - L'informatore che mi ha accompagnato 
da Benetello e dagli altri testimoni 
del lavoro nelle fornaci (e non solo) di Casale 
è stato Bruno Gobbo, scultore in legno. 

Nessun commento:

Posta un commento